Musei Vaticani in 3D: le mie impressioni
Andare su FB dopo pranzo, nel momento della digestione, fa bene.
Fa bene perché puoi scoprire, come è successo a me ieri leggendo il post di Finestre sull’arte, che la sera stessa danno al cinema un documentario sui Musei Vaticani in 3D, proiettato in tutta Italia solo in quel giorno, e decidi di andare a vederlo.
Se c’è un aspetto che ho sempre sentito particolarmente mio fin dai tempi dell’università, considerato anche il mio corso di studi, è quello della comunicazione di contenuti culturali (nello specifico quelli riguardanti la storia dell’arte) con linguaggi e mezzi tipici di questo momento storico (non dirò attraverso le nuove tecnologie, perché questa espressione significa poco e niente). La comunicazione che avviene attraverso la multimedialità.
Il film-documentario di ieri è un esempio di questa comunicazione rivolta al grande pubblico e, senza tediarvi oltre, vado a dirvi le mie impressioni.
Premessa su tutto: guardare una proiezione di un’ora e mezza in 3D dalla prima fila del cinema non è esattamente il modo migliore per apprezzare la resa grafica del tutto. Purtroppo (o per fortuna) la sala era piena ed era disponibile solo quel posto. In ogni caso, certamente si tratta di un’esperienza immersiva, il 3D del documentario della Nexodigital è molto curato e “funziona” bene.
Punti a favore: un documentario sui Musei Vaticani da vedere al cinema è di per sé un traguardo raggiunto: il tema è arduo, affrontarlo per il grande pubblico è qualcosa di non banale. La narrazione scorre bene, merito soprattutto di Antonio Paolucci, che è un raro esempio di direttore di museo molto competente con una grande dote comunicativa. Anche il video realizzato per la Madonna di Foligno di Raffaello mi aveva particolarmente colpito.
Bello il modo in cui vengono trasmessi alcuni concetti chiave come l’impatto dell’arte classica sui maestri rinascimentali, la volontà degli ultimi papi post conciliari di valorizzare e preservare l’arte sacra contemporanea.
Belle le citazioni di artisti e letterati famosi sul senso dell’esperienza artistica: sono spunti che fanno “volare alto” e trasmettono il valore intrinseco di un luogo come i Musei Vaticani, il significato di raccogliere le opere, l’importanza e la bellezza di entrare in contatto con quella sfera che unisce uomo e spiritualità.
E veniamo alla critica: senza mettere in discussione la qualità del 3D e l’impatto sullo spettatore, il girato all’interno del museo è troppo corto rispetto alla durata complessiva del documentario stesso (che ha anche dei momenti narrativi altri rispetto alle riprese dentro al museo, ovviamente). Le immagini spesso si ripetono e forse, cosa più grave, il film non dà veramente l’idea della complessità e della vastità del luogo. La scelta di focalizzarsi sulle opere di artisti celeberrimi (Le stanze di Raffaello, la Cappella Sistina di Michelangelo, Caravaggio, Leonardo), che pure hanno dato a quei luoghi un’impronta indelebile e unica al mondo, rischia di lasciare in secondo piano l’ampiezza delle collezioni, una ricchezza essa stessa. In ogni caso, ancora una volta la narrazione delle opere, quando ci si addentra nella spiegazione della loro storia, delle vicende personali degli artisti e del contesto in cui sono nate, mi dà la conferma della grande potenzialità narrativa che c’è dietro ad ogni oggetto. Una lontananza temporale e culturale che può essere colmata raccontando le tante “storie dell’arte”, che aspettano di essere comunicate, accolte e di appassionare le persone.
In definitiva, peccato che la proiezione sia stata confinata ad un’unica data infrasettimanale. Per un’Italia che ha a portata di mano scrigni del sapere e della bellezza come questi Musei e spesso e volentieri li ignora, la divulgazione curata e accattivante di questo documentario non può che fare un gran bene. A me ha fatto venire voglia di tornarci di nuovo, di passeggiare ancora attraverso quelle sale lentamente, come suggerisce Paolucci, e ossigenare occhi, mente, cuore.